Kilometro Rosso

Anche le fabbriche Italiane assumono i Cobot

YuMi ha sostituito un collega, ora quest’ultimo si occupa di quality assurance mentre il co-robot fa i lavori più pesanti: assembla e smista componentistica.

Le macchine intelligenti, che da sempre hanno arricchito i personaggi dei libri o dei film di fantascienza con fattezze più o meno antropomorfe e con ruoli più o meno positivi, sono ormai realtà. Sì pensi alle gare tenutesi in Corea del Sud parallelamente alle Olimpiadi Invernali dove gli atleti sono stati sostituiti da vere e proprie macchine intelligenti; o ai video che ultimamente hanno spopolato sui media dove le macchine della Boston Dynamics deambulano in ambienti superando aprendo porte o superando percorsi attraverso salti e acrobazie.

I Co-robot e cobot sono abbreviazioni che descrivono la tecnologia dei robot collaborativi, macchinari intelligenti che interagiscono, e quindi collaborano, con gli esseri umani all’interno di uno spazio di lavoro condiviso. La General Motors, tra le prime ad avvicinarsi a questa tecnologia per diminuire i rischi a cui venivano sottoposti i tecnici impiegati nell’assemblaggio di componentistica per automobili, li ha anche chiamati, in una prima fase, Intelligent Assist Device.

Il mercato globale dei robot collaborativi dovrebbe crescere dai 175 milioni di dollari a quasi 4 miliardi di dollari nel 2021. Le funzioni affidate a questi assistenti sono, per ora, le più routinarie e in Italia, secondo Giovanni Mitragliotta, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 e dell’Osservatorio artificial intelligence, ci troveremmo ancora in una fase di avvicinamento alla tecnologia, soprattutto per quanto riguarda la piccola-media impresa.

Le applicazioni inoltre innervosiscono il mercato della forza lavoro che si sente minacciato dall’automazione. Camozzi, Ceo dell’omonima Camozzi S.p.a., smentisce queste preoccupazioni dichiarando di aver assunto 80 persone nel 2017. Le competenza cambiano e la necessità di figure rimane e, anzi, aumenta.

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